L’ereditarietà è un aspetto centrale in ambito medico, poiché i geni determinano molte caratteristiche fisiche di un individuo, tra cui anche le malattie. Il codice genetico ha voce in capitolo anche per quanto riguarda i difetti visivi e le patologie oculari, giocando un ruolo centrale nello sviluppo di problematiche come la retinite pigmentosa, una malattia degenerativa piuttosto rara, che intacca la retina e a lungo andare causa la perdita della vista.
Ecco tutto quello che c’è da sapere su questa patologia e sui metodi di trattamento e prevenzione della retinite pigmentosa!
Cos’è la retinite pigmentosa?
La retinite pigmentosa è una malattia progressiva a base ereditaria, che causa una degenerazione retinica graduale e la compromissione di alcune componenti dell’occhio:
- Coni: situati al centro della retina, sono preposti alla percezione dei colori e dei dettagli.
- Bastoncelli: posizionati nella zona laterale della retina, percepiscono i chiaroscuri e i movimenti.
- Epitelio pigmentato: la superficie retinica che assorbe la luce.
Chi soffre di questa retinopatia nota inizialmente un restringimento del campo visivo, che si manifesta attraverso una visione a tunnel e che degenera in seguito nella perdita totale della vista nei casi più gravi e non trattati.
Non esiste tuttavia un solo tipo di retinite pigmentosa, ma varie forme della patologia, a seconda del tipo di trasmissione genetica e della progressione:
- Retinite autosomica dominante: inizia a manifestarsi durante l’età infantile o in adolescenza, e progredisce lentamente. È causata dalla trasmissione di un gene mutato di tipo dominante.
- Retinite autosomica recessiva: impatta in modo più grave sulla vista ed è causata dalla trasmissione da entrambi i genitori, che in genere non manifestano sintomi.
- Legata al cromosoma X: si manifesta precocemente e procede in modo veloce. Viene chiamata così perché è dovuta a una mutazione di geni del cromosoma X, motivo per cui gli uomini (portatori di un solo cromosoma X) sono più colpiti da questa forma. Quando sono le donne a soffrirne, i sintomi sono più leggeri.
- Sporadica: questa forma della patologia non è dovuta a un’anomalia genetica.
Sintomi della retinite pigmentosa
Diverse per trasmissione genetica e per insorgenza della malattia, le retinite pigmentose presentano manifestazioni comuni pressoché in tutte le forme, manifestandosi in genere in giovane età, tra i 10 e i 30 anni.
I sintomi della retinite pigmentosa più diffusi sono:
- Cecità notturna
- Difficoltà di adattamento tra ambienti luminosi a bui
- Perdita della visione periferica
- Percezione errata dei colori
- Perdita di percezione del contrasto visivo
- Lampi luminosi
- Sensibilità alla luce
- Perdita della visione centrale e cecità
Cause e fattori di rischio
Sebbene non tutte le forme di questa patologia siano da attribuire a mutazioni genetiche oculari (come nel caso della retinite sporadica), l’ereditarietà risulta una delle più comuni cause della retinite pigmentosa.
Nello specifico i geni colpiti da anomalie sono il RP1, il RHO e il RDS, trasmessi dal padre, dalla madre o da entrambi. L’anamnesi familiare è dunque un fattore di rischio molto rilevante per lo sviluppo del problema.
Esistono inoltre dei fattori correlati come la presenza di diabete o di malattie autoimmuni, condizioni di ipertensione, traumi all’occhio, una carenza di vitamine o l’utilizzo di specifici farmaci.
Diagnosi della retinite pigmentosa
Poiché la retinite pigmentosa è una patologia progressiva che causa – a lungo andare – la perdita totale della vita, diagnosticarla tempestivamente è molto importante per sottoporre il paziente a tutti i dovuti trattamenti, atti non tanto a curare la malattia (a oggi un’opzione non ancora attuabile) quanto piuttosto a tenerla sotto controllo e a migliorare la capacità visiva.
Oltre a prestare attenzione a eventuali sintomi, il primo passo per effettuare una diagnosi della retinite pigmentosa è sottoporsi a visite oculistiche regolari, in modo che il medico possa verificare lo stato di salute dell’occhio. Per una diagnosi completa e accurata, tuttavia, è necessario effettuare degli esami specifici, oltre al classico esame della capacità visiva del paziente:
- Esame del campo visivo: consiste nella proiezione di piccoli punti luminosi, per verificare la capacità del paziente di individuarli ed evidenziare così eventuali anomalie nella visione periferica del paziente.
- Esame del fondo oculare: permette di valutare lo stato di salute del nervo ottico, della retina e dei vasi sanguigni nell’occhio.
- Fluorangiografia: tramite l’iniezione di un liquido di contrasto nella vena del braccio, questo specifico esame mette in evidenza le aree della retina e della coroide che non vengono correttamente irrorate dal sangue, per evidenziare e controllare eventuali patologie.
- Elettroretinogramma (ERG): in presenza di uno stimolo luminoso, questo test analizza il modo in cui le cellule della retina reagiscono.
- Test genetici: attraverso degli esami mirati sul DNA è possibile individuare i geni interessati dalla mutazione e sottoporre tempestivamente il paziente a un percorso terapeutico per tenere sotto controllo la patologia.
Opzioni di trattamento
Come anticipato nei paragrafi precedenti, attualmente non esiste una cura definitiva per la retinite pigmentosa e non è possibile porre rimedio ai danni da essa causati. Esistono tuttavia dei trattamenti che permettono di tenere sotto controllo la malattia, proteggere i fotorecettori non intaccati e migliorare lo stile di vita del paziente, motivo per cui una diagnosi precoce è fondamentale per una buona efficacia di questi metodi.
Terapie farmacologiche
Mentre la ricerca scientifica è concentrata sul potenziamento di protesi e cure sperimentali, è stata riscontrata l’efficacia di alcune terapie a base di integratori per il trattamento del problema, soprattutto in una fase in cui la visione centrale non è stata ancora intaccata.
Nello specifico è stato dimostrato il legame positivo tra l’assunzione di Vitamina A e la gestione della retinite pigmentosa, nonché di omega-3, antiossidanti e luteina, utili per proteggere gli occhi, il tutto somministrato a dosi controllate e sotto consiglio di un medico.
Terapia genica e innovazioni scientifiche
Tenendo conto del notevole impatto della genetica sullo sviluppo della retinite pigmentosa, le sperimentazioni cliniche si sono concentrate prevalentemente su questo aspetto e su altre tecniche innovative, per la gestione del problema, ancora in fase di valutazione:
- Terapia genica: la ricerca sulla retinite pigmentosa sta sviluppando questo metodo per il trattamento di alcune forme di retinite. Questa terapia ha evidenziato la possibilità di sostituire il gene anomalo con una sua copia sana.
- Trapianto di cellule staminali: attuato con lo scopo di sostituire i fotorecettori danneggiati dalla degenerazione.
Protesi retiniche e tecnologie assistive
Il progresso tecnologico ha portato numerosi vantaggi al settore oftalmico, non solo offrendo laser di ultima generazione per la chirurgia refrattiva, ma mettendo a disposizione nuove soluzioni a patologie complesse come la retinite pigmentosa.
Tra queste ci sono le protesi retiniche, delle vere e proprie retine artificiali che possono essere impiantate sotto la retina (protesi sotto-retinica), sopra (le più comuni, dette protesi epiretiniche), oppure nello spazio che si trova tra la sclera e il coroide.
Questo metodo innovativo, a differenza della terapia genica, permette il trattamento di pazienti che ormai hanno già perso la vista a causa della retinite, allo scopo di ripristinare almeno una parte della visione, come le forme degli oggetti e le scale di grigi.
In genere queste protesi consistono in una componente esterna all’occhio e una interna: su un particolare occhiale viene installata una microtelecamera che trasmette informazioni visive a un chip impiantato nella retina.
Al fianco di queste nuove tecnologie, ancora in fase sperimentale, ci sono inoltre delle tecnologie assistive per ipovedenti, progettate per migliorare la qualità della vita del paziente. Molte di queste sono integrate a dispositivi digitali di uso quotidiano, come PC, smartphone, tablet e dispositivi wearable, e in genere offrono funzionalità come l’ingrandimento delle immagini, il miglioramento dei contrasti tra chiari e scuri, conversione dei testi in audio.
Alcune applicazioni, inoltre, permettono di utilizzare la fotocamera del telefono per descrivere all’utente gli oggetti inquadrati e migliorare l’orientamento nello spazio e la mobilità, mentre in altri casi si può utilizzare la Realtà Aumentata e l’AI per sovrapporre le immagini reali a elementi virtuali per migliorare la capacità visiva e ottenere supporto.
Riabilitazione visiva e supporto psicologico
Nei casi in cui la vista del paziente non fosse del tutto compromessa, esistono dei trattamenti di riabilitazione visiva che lo aiutano non tanto a ripristinare la visione, ma a gestire la progressione della malattia e ottimizzare la visione rimanente, sfruttando la funzionalità dei fotorecettori ancora funzionanti.
Alcune di queste consistono nella stimolazione luminosa dei fotorecettori, per tenere in allenamento la fovea, ossia la zona centrale della retina. Esistono inoltre specifici percorsi riabilitativi con il supporto di uno specialista, per adattare la vita quotidiana alla patologia.
Nei casi di retinite avanzata, è inoltre fondamentale che il paziente venga accompagnato in un percorso di supporto psicologico per ipovedenti, per affrontare la diagnosi, la progressiva perdita della capacità visiva e lo stress dovuto a tutti questi fattori. È stato dimostrato infatti che gli individui affetti da questa patologia possono andare incontro a stati depressivi con un’incidenza del 20% in più rispetto a individui sani.
Questi percorsi possono consistere nella terapia individuale o nel coinvolgimento della famiglia, per imparare a convivere con la diagnosi nel modo più sereno possibile e a evitare le situazioni di isolamento alle quali spesso i pazienti vanno incontro.
Qualità della vita con la retinite pigmentosa
La retinite pigmentosa è una malattia degenerativa complessa, che provoca un progressivo indebolimento della vista. Sebbene le nuove terapie siano in grado di tenere il problema sotto controllo, la patologia crea notevoli difficoltà al paziente, tanto dal punto di vista pratico che psicologico. Esistono però delle strategie di adattamento che si sono rivelate utili.
Adattamenti e strumenti per la vita quotidiana
Affrontare la vita quotidiana con una condizione come la retinite pigmentosa non è cosa facile, poiché richiede una buona capacità di adattamento. Non è solo la capacità visiva a cambiare, ma anche le abitudini, la mobilità, la vita sociale e il modo in cui si vive l’ambiente domestico. Esistono però alcuni metodi e tecnologie assistive che possono aiutare nel mantenimento dell’autonomia:
- Utilizzo di animali d’assistenza, come cani guida addestrati.
- Ottimizzazione dell’illuminazione domestica, attraverso l’utilizzo di luci regolabili e dotati di sensori di movimento.
- Applicazione di elementi a contrasto su oggetti, interruttori, maniglie o scalini, per migliorare la localizzazione e i movimenti.
- Uso di pennarelli tattili o inserti in braille, per il riconoscimento di oggetti o per la lettura.
- Utilizzo di dispositivi di ingrandimento per la lettura.
- Adozione di tecnologie assistive come app per ipovedenti per convertire i testi in audio, per la rilevazione degli ostacoli, per il riconoscimento degli oggetti.
- Adesione a percorsi psicologici per la gestione emotiva della diagnosi.
- Partecipazione a gruppi di supporto per entrare in contatto con altri pazienti e condividere pensieri, timori ed esperienze.
- Modifiche all’ambiente domestico , come la disposizione dei mobili e dei complementi per l’illuminazione.
- Mantenimento di attività fisica e hobby, per migliorare l’umore e la qualità della vita.
Conduzione della vita sociale e lavorativa
La perdita dell’autonomia è uno degli aspetti più difficili da affrontare per chi soffre di retinite pigmentosa, che spesso percepisce la propria condizione come una disabilità importante e tende per questo a isolarsi.
In questo contesto il supporto psicologico ha un’importanza cruciale per affrontare la diagnosi e per stimolare il paziente a mantenere una vita sociale attiva. Entrare in contatto con altre persone ipovedenti è molto utile per condividere l’esperienza e trovare una rete di supporto, sia in presenza che online.
Il sostegno può inoltre proseguire anche in ambiente scolastico o lavorativo, attraverso la creazione di un ambiente adeguato alla gestione della patologia. È possibile migliorare la vivibilità di aule e uffici mantenendo gli spazi privi di ingombri e ostacoli, implementando un’illuminazione adatta, nonché utilizzando app per ipovedenti integrate agli strumenti digitali normalmente usati durante lo studio o il lavoro.
Guida e mobilità
La riduzione del campo visivo causata dalla retinite pigmentosa ha un impatto notevole anche sulla possibilità del paziente di guidare in autonomia, soprattutto a causa della perdita della visione periferica e notturna.
La gravità della malattia può variare di caso in caso, motivo per cui esserne affetti da retinite non preclude necessariamente la possibilità di ottenere la patente, soprattutto nei casi meno gravi. Tuttavia, se a perdita della visione è significativa è possibile dover rinunciare alla guida per motivi di sicurezza.
Per monitorare lo stato di salute dell’occhio è fondamentale sottoporsi a controllo oculistici regolari con uno specialista, che valuterà se – in presenza di determinati condizioni – sia ancora sicuro continuare a guidare, per esempio con il supporto di occhiali con filtro antiriflesso per migliorare la visibilità e abbassare il rischio di abbagliamenti.